Terra arabile agli africani!

Di recente due importanti report, pubblicati da due distinti think tank internazionali, hanno parlato di agricoltura in Africa. Uno, l’Africa Progress Panel (il cui presidente è Kofi Annan), ha scritto che il suolo africano – cioè la terra arabile – è la più grande ricchezza del continente e sempre più lo sarà, tanto da superare le potenzialità del petrolio.Con il 60% della forza lavoro direttamente coinvolta nel settore agricolo è proprio lì che dovrebbe concentrarsi il focus dello sviluppo sostenibile, scrive. <<La terra è il futuro oro nero per l’Africa>>, ribadisce pure il Guardian citando il report. Tuttavia il continente africano ha speso 35 miliardi di dollari nel 2011 per importare cibo dal resto del mondo, superando del 30% le esportazioni agricole. Il trend va invertito.

Un secondo report – pubblicato stavolta dal Montpellier Panel, un gruppo di esperti e tecnici agronomi africani ed europei – ci dice una cosa in più. Dati alla mano, il 65% del terreno africano, nonostante la potenziale ricchezza, è talmente danneggiato da non poter essere utilizzato per la produzione agricola. L’Africa soffre – si legge nello studio intitolato “No ordinary matter: conserving, restoring and enhancing Africa’s soil” – una tripla minaccia: peggioramento della qualità del terreno, povertà del raccolto e popolazione in aumento. Siccità, abbandono delle terre, guerre e non ultima la coltivazione intensiva di terreni a soia per i bio-carburanti, rendono sempre meno fertile il suolo, e sempre meno adatto alla coltivazione.

La Fao avverte che se non introduciamo nuovi approcci per migliorare la qualità e la salute del terreno il totale di terra arabile pro-capite in Africa, nel 2050 sarà un quarto di quella che era nel 1960 e ci vorranno altri mille anni per ricreare un centimetro di terra buona da coltivare. Queste informazioni incrociate, apparentemente contraddittorie, ci dicono che la risorsa agricola rimane la ricchezza numero uno dell’Africa perché vale più di quelle del sottosuolo (peraltro non infinite e non rinnovabili, dal petrolio all’oro al cadmio). Soprattutto, darebbe lavoro a milioni di persone. Ma va preservata, curata, resa disponibile e non dispersa.

Ci preoccupiamo così tanto della ricchezza petrolifera, che succhiata via dal sottosuolo alla lunga non è più rimpiazzabile, e non ci preoccupiamo abbastanza della ricchezza della terra, che una volta svuotata di fattori nutritivi, impoverita di sostanze vitali, inaridita e resa sterile dal disimpegno e dall’incuria, difficilmente risorge. (Ilaria de bonis)

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